Il Territorio

Naracauli, villaggio minerario abbandonato

il villaggio minerario di naracauli fu uno dei più importanti del sulcis: era dotato di ospedale, posta e altri servizi. Di notevole importanza la sede del direttore e l'ex laveria meccanica

Ci sono luoghi che, anche dopo decenni di abbandono, mantengono inalterato tutto il fascino che li contraddistingueva nelle epoche più felici. Naracauli è uno di questi: a oltre quarant’anni dalla chiusura, il villaggio minerario poco distante da Gonnosfanadiga continua ad attrarre visitatori interessati ai macchinari e all’architettura delle palazzine. Si tratta di uno dei tanti insediamenti estrattivi nati alla fine dell’Ottocento nel Sulcis minerario.

Per tanti anni la zona fu il cuore pulsante dell’industria sarda, tanto che negli anni sessanta erano ben cinquemila i lavoratori impiegati nell’estrazione di zinco, piombo e argento. Poi la crisi economica falciò l’industria mineraria e Naracauli, insieme ad altri stabilimenti, chiuse i battenti. Ma come si viveva nello stabilimento? Accanto ai macchinari estrattivi c’erano degli stabili adibiti alle funzioni più svariate, dagli alloggi per gli operai alla posta e persino l’ospedale.

L’edificio più affascinante è forse la laveria meccanica Brassey, inaugurata nell’autunno del 1900 da Thomas Alnutt Brassey: un’opera architettonica raffinata e per l’epoca assolutamente all’avanguardia. Notevole anche la sede della direzione, costruita nel 1870 circa e chiamata informalmente "Il castello”. Oggi Naracauli attende un restauro che valorizzi l’importanza di questo sito nel campo dell’archeologia industriale.

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