Il Territorio

La chiesa di Santa Severa di Gonnosfanadiga, gioiello paleocristiano

la chiesa di Santa Severa, edificata su un'antica necropoli romana, è stata ampliata nel corso dei secoli e nel Settecento ha subito un radicale restauro. Oggi conserva una statua della santa che, secondo la tradizione, non deve essere spostata per evitare nubifragi catastrofici

Posta su una collina a poche centinaia di metri da Gonnosfanadiga (Sardegna), la chiesa campestre di Santa Severa è uno degli edifici religiosi più interessanti del paese sardo. Il tempio è stato edificato in epoca paleocristiana, intorno al IV-V secolo d.C., sopra ad un’antica necropoli romana e ha subito numerose trasformazioni nel corso dei secoli. Consacrata alla religione cattolica, attualmente fa parte della parrocchia del Sacro Cuore nella Diocesi di Ales-Terralba.

La chiesa ha una pianta a croce latina con le volte a botte a tutto sesto. La facciata si presenta in muratura con un tetto a capanna sormontato da un campanile a vela con monofora con una campana del 1388, mentre sui lati si trova un ampio porticato seicentesco dal tetto a spiovente coperto da tegole. La navata, lunga dieci metri e larga oltre quattro, è ripartita da due lesene in tre specchiature. Al centro del minuscolo presbiterio si trova un elegante altare maggiore in marmo bicromo.

Alla metà del Settecento risultava abbandonata e a rischio di demolizione, ma nel 1763 grazie la popolazione ottenne il permesso di restaurarla e nel 1797, al termine dei lavori, la chiesa si presentava arricchita di due cappelle voltate a botte. Nel tempio viene custodita una statua di Santa Severa che, secondo la tradizione, non va spostata per evitare inondazioni. Per tale motivo durante la processione del lunedì di Pasqua viene usato un simulacro.

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